Il recente sviluppo della tecnologia degli eye tracker con il conseguente abbassamento dei prezzi ha reso questa tecnologia accessibile anche a piccole e medie aziende. Noi per esempio, abbiamo acquistato un eye tracker, un GP3 di Gazepoint, perchè eravamo interessati ad approfondire come questa tecnologia potesse aiutarci a comprendere i comportamenti di navigazione degli utenti sui siti web che analizziamo e studiamo. Con questo articolo vogliamo condividere le nostre prime riflessioni e i primi risultati che abbiamo ottenuto. Ma andiamo con ordine.

Che cos’è un eye tracker?

Un eye tracker è un dispositivo basato su una tecnologia a infrarossi che permette di registrare i movimenti oculari di una persona, compresi i movimenti saccadici, la direzione del sguardo, l’apertura e chiusura delle pupille e i tempi di reazione ad uno stimolo. Se correttamente calibrato, un eye tracker fornisce con buona precisione la posizione su cui si fissa lo sguardo di un utente mentre sta guardando un’immagine a schermo, mentre sta navigando un sito web o mentre sta guardando un video. I campi di applicazione sono diversi, dalle neuroscienze alla User Experience Design.

Che tipo di dati fornisce un eye tracker?

Oltre a poter mostrare i punti di fissazione dello sguardo (la precisione degli eye tracker è buona e il margine di errore è mediamente attorno ai 10°), gli eye tracker possono fornire informazioni sui tempi di reazione, ovvero il tempo che trascorre tra il momento in cui viene presentata una stimolazione e il momento in cui la persona reagisce alla stimolazione.

Queste informazioni possono essere molto utili per comprendere meglio il comportamento degli utenti e per valutare l’efficacia di un sito web o di un’applicazione. Inoltre possono mostrare i pattern di navigazione della pagina. Ossia valutare quali parti della pagina vengono osservate prima e quali dopo.

Posso valutare inoltre valutare se l’utente sta leggendo in modo interessato oppure se la sua è una lettura distratta, se sta trovando le informazioni che sta cercando oppure se muove lo sguardo in modo disordinato perché confuso.

Facciamo un esempio concreto

Se chiedo all’utente di raggiungere uno specifico sito web, ad esempio un e-commerce, e di procedere con il processo di registrazione al sito, posso vedere in quali parti della pagina inizialmente pone il suo sguardo. Questo è utile sia in fase di analisi che di riprogettazione del design del sito. Se infatti va a cercare con gli occhi un bottone di registrazione, e non lo trova nell’arco di pochi secondi, posso valutare di inserire in quella posizione la CTA.

Posso inoltre vedere quali parti della pagina e del sito osserva. Se ci sono delle aree cieche su cui lo sguardo non cade mai. Posso inoltre inferire se sta faticando a risolvere un task, se è confuso e non sa come procedere oppure, all’opposto, se la navigazione è semplice e intuitiva.

Che tipo di risultati si possono ottenere con una analisi con eye tracker?

Questo dipende dalla domanda di ricerca. Se siamo in una fase preliminare di analisi, quello che facciamo è molto simile ad un approccio etologico allo studio del comportamento. Osserviamo quello che l’utente fa durante task preliminari di esplorazione libera del sito. La prima domanda che in genere poniamo ai nostri utenti è “Cerca di capire di che cosa si occupa questo sito web”.

E poi osserviamo cosa fa, registrando quello che osserva, per quanto tempo, quali pagine naviga, su quali bottoni clicca. Finché non ci fornisce una risposta corretta. Spesso già questa prima domanda ci fornisce molte informazioni su come poter migliorare il design di un sito web.

Perchè usare un eye tracker e non semplicemente registrare un video dello schermo?

Uno dei vantaggi dell’uso di un eye tracker è proprio che possiamo sapere dov’è lo sguardo dell’utente. Questo aumenta il numero dei dati a nostra disposizione e le nostre analisi sono più data-driven. Con un video registrato dello schermo, invece, non avremmo questa informazione e quindi non potremmo tracciare con precisione la linea di sight.

Possiamo inoltre calcolare con precisione alcuni parametri come l’apertura e chiusura delle pupille o il numero di blinks che possono, con le dovute cautele metodologiche, essere interpretati come segnali di stress, eccitazione, difficoltà nell’eseguire un task o comunque segnalarci aspetti dello stato emotivo dell’utente.

Quali sono i limiti della ricerca UX fatta con eye tracker?

I limiti sono di natura interpretativa e metodologica. Quello che misuriamo infatti sono comportamenti di navigazione e risposte fisiologiche che possono dipendere dal task ma anche da altre variabili che non possiamo tenere in considerazione (es. lo stato emotivo generale di quella persona, la sua motivazione a partecipare all’esperimento, stanchezza o altro).

Inoltre il numero di utenti a cui sottoponiamo i nostri test è limitato per questioni organizzative e di budget, rendendo più complessa una analisi statisticamente rigorosa dei risultati.

Inoltre da questi comportamenti noi traiamo delle conclusioni e queste conclusioni sono sul design, sull’usabilità e possiamo, come tutti, incappare in interpretazioni non corrette. Ma sicuramente con l’eye tracker la nostra capacità di analisi è migliorata. Abbiamo più dati a disposizione e possiamo più facilmente farci guidare anche da questi. Ma continuiamo a studiare e a innovare…come sempre…