La storia degli eye tracker e dello studio del comportamento di esplorazione visiva si inserisce all’interno della più grande storia dell’uomo alla costante ricerca di se stesso. La nostra capacità di poter leggere la mente degli altri, compresi i suoi stati interni e le sue motivazioni, è stata fondamentale nel percorso evolutivo che ha portato alla nascita di Homo Sapiens. Questa capacità è infatti incredibilmente adattiva, ci consente di capire, ad esempio, se un collega è arrabbiato con noi o se è collaborativo, se possiamo fidarci di un amico oppure se è meglio considerarlo un rivale. Gli eye tracker si inseriscono all’interno di questa storia, proponendosi come strumento per capire “un po’ meglio” che cosa la persona che stiamo studiando effettivamente fa, quando è impegnata nel più comune ma complesso comportamento umano: l’esplorazione visiva.

La storia degli eye tracker

I primi tentativi di tracciare il movimento oculare sono iniziati nell’800 e avvenivano attraverso delle osservazioni dirette e con metodi decisamente invasivi e poco piacevoli per gli utenti.

Nel corso del 900, uno scienziato di nome Alfred L. Yarbus, iniziò i primi esperimenti di analisi della visione con strumenti decisamente meno raffinati dei moderni eye tracker.

primi eye tracker

I primi eye tracker richiedevano che i partecipanti fossero estremamente fermi durante l’operazione. Era necessario l’utilizzo di bite o supporti per il mento per mantenere ferma la testa. (Da CC-BY-SA-3.0, via Wikimedia Commons)

Per misurare i movimenti oculari infatti Yarbus anestetizzava l’occhio e manteneva le palpebre dei soggetti sperimentali aperte attraverso pezzi di nastro adesivo. Una volta fissata la testa veniva applicata alla sclera (la parte bianca dell’occhio) un piccolo specchio fissato con una mente a contatto. Tramite lo specchio la luce veniva riflessa su una pellicola fotografica in modo da poter tracciare il movimento oculare.

Gli studi di Yarbus

Alfred L. Yarbus ha eseguito una serie di ricerche sulle dinamiche dello sguardo, ricerche che sono confluite in una successiva pubblicazione, il suo famoso libro del 1967 Eye Movement and Vision. Questo libro è spesso citato per le sue intuizioni su come il task assegnato al soggetto abbia uninfluenza molto grande sui movimenti oculari e quindi sui comportamenti di esplorazione visiva della scena.

Yarbus scoprì infatti che i movimenti oculari erano diversi a seconda del task che veniva richiesto al soggetto. Come si vede nella foto qui in basso l’analisi della scena visiva variava significativamente a seconda che si chiedesse all’utente di “ricordare i vestiti dei personaggi dell’illustrazione” piuttosto che “provare a indovinare da quanto tempo questi soggetti non si vedevano”.

 

yarbus experiment

Yarbus, A.L. (1967). Eye Movements and Vision. Plenum: New York. (p. 190)

I pattern di fissazioni che si osservano quando un soggetto analizza un’immagine sono dipendenti quindi non solo da ciò che viene mostrato nellimmagine, ma anche dal problema che il soggetto deve affrontare e dalle informazioni che spera di ottenere dallimmagine.

I moderni eye-tracker

Molti anni sono passati dai primi strumenti per rilevare i movimenti oculari e forse siamo davanti ad un periodo d’oro per lo studio del comportamento di esplorazione tramite l’eye tracker. Ma come mai questa tecnologia sta solo negli ultimi anni assistendo ad una rapida espansione?

Ci sono almeno tre ragioni:

  • la riduzione dei costi ha consentito anche ad aziende medio-piccole o a piccoli labori di ricerca di dotarsi di un eye tracker per lo studio dell’esplorazione visiva. Questa riduzione dei prezzi unita al miglioramento dell’usabilità dei moderni eye tracker ha generato una maggiore diffusione della tecnologia, con un aumento di informazioni a disposizione, e una maggiore applicability della tecnologia anche in ambito commerciale.
  • lo sviluppo software ha consentito di creare programmi per facilitare l’analisi dei dati con gli eye tracker. Se prima infatti l’analisi dei dati era molto dispendiosa in termini di tempo, riducendo solo ad accademici la possibilità di studiare il comportamento di esplorazione visiva, oggi questo gap si è ridotto. I dati ottenuti dai moderni eye tracker sono più facilmente interpretabili anche a prima vista, seppur resta, per analisi rigorose, la necessità di una buona conoscenza statistica.
  • lo sviluppo hardware ha consentito la creazione di eye tracker più comodi da indossare o utilizzare da parte dell’utente, rendendo così la partecipazione a esperimenti di eye tracking meno scomoda per i soggetti sperimentali.

Quindi, a partire dall’inizio del ventunesimo secolo, osserviamo uno sviluppo hardware e software che rende più friendly gli studi di eye tracking sia per i ricercatori che per i partecipanti. Questo facilita non solo la ricerca di base sui comportamenti di esplorazione visiva, ma rende l’eye tracker un valido strumento nello User Experience Design.

Miglioramenti degli eye-tracker

Tra i miglioramenti che si osservano nei moderni eye tracker troviamo:

Calibrazione

La calibrazione è il momento in cui il software che raccoglie e analizza i dati dall’eye tracker viene calibrato in modo da poter essere preciso nel seguire i movimenti oculari dell’utente. Questo processo oggi è molto rapido e viene eseguito in una manciata di secondi. Inoltre non è per nulla difficile ne per il ricercato ne per l’utente, rendendo la precisione dei moderni eye tracker sufficientemente accurata.

calibrazione di gp3

Schermata di calibrazione di GP3. Al termine della calibrazione l’utente può osservare (in verde) i suoi movimenti oculari per capire il livello di accuratezza della calibrazione

Comfort per i soggetti sperimentali

Significativi miglioramenti sono stati apportati all’esperienza utente dei soggetti sperimentali. Oggi un eye tracker non necessità più che il soggetto utilizzi un bite o abbia la testa bloccata. In alcuni casi l’eye tracker è integrato nella camera di un pc portatile, in altri casi è esterno e minimamente disturba l’utente durante la navigazione.

Esistono poi versioni mobile di eye tracker. I più recenti, e costosi, eye tracker sono integrati all’interno di speciali occhiali. Consentendo quindi di studiare il comportamento di esplorazione visiva in contesti ecologicamente più validi (ad es. all’interno di un supermercato).

Miglioramento nella presentazione dei dati

Gli eye tracker oggi vengono venduti con software proprietari che facilitano l’interpretazione e la gestione dei dati raccolti. Se infatti prima lo studio con eye tracker necessitava di competenze molto verticali per comprendere i dati prodotti dagli esperimenti, ad oggi questi software proprietari facilitano notevolmente il lavoro del ricercatore rendendo più intuitivo il lavoro di interpretazione dei dati.

Oltre a poter estrarre i dati in formato .csv per operare analisi statistiche approfondite, questi programmi consentono, sia durante che al termine dell’esperimento, di poter osservare i movimenti oculari del soggetto direttamente dal proprio pc. Vengono utilizzate generalmente tre diverse forme di rappresentazione dei dati:

  • Le heatmap sono una forma di visualizzazione dei dati che utilizza colori diversi per mostrare la quantità di fissazioni o per quanto tempo hanno fissato una determinata area della scena. I colori in genere sono codificati: il rosso viene solitamente utilizzato per indicare un numero relativamente elevato di fissazioni o di durata, mentre il verde indica la quantità minima, con livelli variabili nel mezzo.
  • I gaze plot sono una rappresentazione visuale delle fissazioni e dei saccadi per un determinato intervallo di tempo. Nella maggior parte delle applicazioni software, le fissazioni sono rappresentate da punti e i saccadi sono linee che collegano i punti. Le fissazioni sono solitamente numerate per mostrare lordine delle fissazioni e possono variare di grandezza per illustrare la durata della fissazione.
  • Le aree di interesse (AOI) aiutano i ricercatori a analizzare i vari componenti di una scena visiva. I ricercatori possono categorizzare le regioni di una scena in forme geometriche che corrispondono agli elementi sullo schermo. Ad esempio, nellanalisi dei vari componenti di un sito Web, il ricercatore potrebbe voler creare AOI per la navigazione primaria e secondaria, la casella di ricerca, gli elementi grafici e testuali. I dati da AOI possono essere aggregati su più partecipanti per comprendere lordine in cui sono stati visualizzati determinati elementi, quante volte sono stati visualizzati e per quanto tempo sono stati visualizzat etc.

 

Esempio di heatmap. Immagine presa da Bolmont et al., 2014

Conclusioni

Nel corso degli ultimi 50 anni la tecnologia degli eye tracker ha documentato un’importante miglioramento sia per i ricercatori che per i soggetti sperimentali. Oggi gli eye tracker vengono ora utilizzati ampiamente per comprendere come gli utenti interagiscono con una varietà di dispositivi e software, dai siti Web, ad applicazioni mobile fino ai videogiochi. Risulta quindi una tecnologia molto importante non solo nella ricerca di base ma anche nella User Experience Research.

Possono anche essere utilizzati per ottenere una comprensione più approfondita di come determinati gruppi di pubblico visualizzano e interagiscono con le interfacce in modo diverso, aiutando così ricercatori e consulenti a identificare e risolvere i problemi di usabilità e ottimizzare così i prodotti che ci si prefigge di sviluppare o ottimizzare.

References

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Bolmont, M., Cacioppo, J. T., & Cacioppo, S. (2014). Love Is in the Gaze: An Eye-Tracking Study of Love and Sexual Desire. Psychological Science, 25(9), 1748–1756. https://doi.org/10.1177/0956797614539706

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